Abstract dell'intervento di Daniele Pavarin
alla:
Giornata Studio -
COOPERATIVE LEARNING
Esperienze e nuovi scenari
12 Gennaio 2004 - ore 9.00-19.00
presso l'Istituto Avogadro in corso San Maurizio 8 a Torino
Ha senso usare il termine comunità riferendolo ad una organizzazione scolastica?
Senz’altro è più facile parlare di concetti come
“gruppo cooperativo” e “comunità di apprendimento” relativamente al
contesto classe. Se solo si prova ad uscire dalla classe, ad esempio prendendo
in considerazione i modelli organizzativi su cui si fonda l’istituzione
scuola, tutto diventa più difficile, tutto si complica. Così, finché si parla
di obiettivo comune e condiviso, di clima positivo e di “interazione
promozionale” dentro le pareti di un’aula, tutto sommato ci si riferisce ad
obiettivi impegnativi, ma sicuramente raggiungibili, magari in tempi più o meno
lunghi. Quando, invece, si cerca di proporre gli stessi obiettivi per il
contesto-scuola più allargato (che sempre influisce e determina quello più
ristretto), tutto si ridimensiona, niente sembra più fattibile, viene meno
anche la voglia di sognare. E se non si sogna, si perde la capacità di
costruire. Non solo. Certi sogni possono diventare realtà solo se si impara a
condividerli con gli altri, attraverso l’ascolto e il dialogo continuo, in un
lavoro di “lenta costruzione”.
Passando in rassegna molteplici definizioni di
comunità, ci si accorge che ognuna di esse considera, come elemento
caratteristico di una comunità, il possesso da parte dei suoi membri di un
insieme di idee o “visioni condivise”. In altri termini, in una comunità ciò
che lega le persone è un “sogno comune”, costruito insieme. Sognare,
costruire, realizzare insieme: sembrano questi i passi indispensabili per creare
comunità, lungo un percorso che parte dal riconoscimento e dalla valorizzazione
di “visioni personali”. Del resto, un sogno è realmente “comune” solo
se contiene in sé i bisogni, le opinioni, gli interessi, le motivazioni, le
aspettative dei diversi soggetti che si sono uniti per avverarlo. In più, un
sogno ha in sé la forza di motivare l’impegno e la responsabilità personale
quando le persone percepiscono, mentre si attivano per conseguirlo, che stanno
realmente partecipando al processo, che stanno esercitando un effettivo potere.
Con una parola: che la loro presenza (e quella degli altri) è necessaria. E qui
ritorniamo ad un concetto a noi “cooperativi” molto caro: quello di
interdipendenza positiva. L’esperienza che trasforma individui in gruppo è la
scoperta della necessità dell’altro e dell’impotenza del fare da soli.
Daniele Pavarin